- Depressione
- Ansia e attacchi di panico
- Dipendenze
- Perdite e lutti
- Disfunzioni sessuali (maschili)
- CTP e CTU
La depressione emerge con vissuti diversi e specifici per ogni persona, tal volta con sentimenti di impotenza, solitudine, fragilità e paura di essere abbandonati altre volte è caratterizzata in misura maggiore da sentimenti di inutilità, fallimento e da intensa suscettibilità alla critica e alla disapprovazione. I vissuti depressivi possono appare nei momenti più insoliti e senza un motivo apparente, facendo sentire più vecchi, brutti e stanchi di quel che realmente si è, svegliano con pensieri negativi e ossessionanti e rendono malinconici e tristi.
In alcuni casi portano a sentirsi apatici e incapaci di provare sentimenti, questo aumenta i sensi di colpa per l'incapacità di godere delle cose belle che si sa di avere attorno a se ma che non danno più alcun piacere. Il mondo è osservato attraverso lenti scure, tutto appare più nero, anche quello che prima poteva interessare diventa privo di stimolo, si perde l’appetito, diminuisce la capacità di concentrazione ed è più facile farsi sopraffare che rialzarsi, in queste situazioni è facile rimanere isolati e lontani da chiunque.
Il percorso di emancipazione dalla depressione è unico per ogni persona ed implica nel primo passo, l'accettazione di avere un problema che si può risolvere con l'aiuto di un professionista psicologo valutando, caso per caso, la necessità della collaborazione con uno psichiatra. Il percorso di cura implica un percorso di conoscenza di sé e delle motivazioni sottese al vissuto depressivo. Tal volta questo segue la perdita di un oggetto esterno, una persona, il lavoro, e quindi appare più facilmente comprensibile, mentre altre volte è conseguente ad una perdita interna, una aspirazione, una parte di sé, a cui seguono sentimenti di perdita di autostima ed impotenza.
Altre volte appare invece determinato da particolari tipologie di carattere, quindi il sentimento depressivo è più radicato nel proprio modo di essere che deriva dai propri conflitti inconsci ed esperienze infantili. Al di là delle cause, è importante non esitare dal chiedere aiuto, magari per vergogna, in quanto l'unica sconfitta può essere quella di rinunciare a vivere la propria vita.
“Anche quando non c'è una particolare provocazione, ho sempre una preoccupazione ansiosa che mi fa vedere e cercare pericoli dove non esistono; per me la più piccola irritazione si ingrandisce all'infinito e rende più difficile l'associazione con le persone”. Irving Yalom. L'ansia si esprime con tutta una serie di manifestazioni, corporee e di pensiero: timore di attacchi di panico o di sensazioni dolorose, affanno o respiro corto, dolori agli arti o muscolari, sudorazioni, vertigini, cefalee, insonnia, attacchi d'asma, irrequietezza diffusa, apprensione costante, difficoltà a relazionarsi.
L'ansia di per sé non è qualcosa di negativo, ma al contrario entro livelli moderati è funzionale in quanto favorisce l'apprendimento, la risoluzione dei problemi e la produttività. Tuttavia quando diventa una sensazione costante, che influenza ogni azione e scelta, diventa disfunzionale, facendo vivere la persona in una costante situazione di attivazione, pronta alla fuga, alla lotta o con vissuti di congelamento e immobilizzazione.
L'ansia infatti, prepara ad affrontare pericoli reali ed esterni, da qui il suo potenziale adattativo, ma in certe situazione deriva invece da pericoli interni, causati dai conflitti psichici non risolti i cui significati sono unici e specifici per ogni persona. Da un punto di vista psicoanalitico i sintomi ansiosi e gli attacchi di panico possono derivare da sentimenti e fantasie di rabbia e aggressività sperimentati come attacchi violenti alle proprie figure di attaccamento più care e per questo giudicati come spiacevole e riprovevoli. L'ansia è quindi un segnale dal proprio mondo interno, che indica un pericolo, un conflitto tra desideri e parti di se.
In questo senso, una terapia farmacologica dell'ansia, può essere utile nei casi più importanti e valutata eventualmente dalla collaborazione con uno psichiatra, ma secondo la psicoanalisi il sintomo ansioso non può essere cancellato tout-court ma necessita di essere interrogato in rapporto alla storia particolare del soggetto, affinché possa trovare una sua risoluzione profonda e duratura.
L'esperienza della dipendenza è fortemente associata al tema del desiderio e del bisogno, impellente, compulsivo, che in certi istanti va in conflitto con il desiderio di sobrietà "adesso basta, smetto!". Tale confronto a volte è talmente impari da portare la persona a cedere, in un circolo vizioso d'uso, senso di colpa e vergogna.
Ma l'uso di sostanze, a suo tempo è stato il tentativo di risolvere un problema, una difficoltà percepita come insormontabile dalla persona, ed è stato un tentativo fruttuoso, che per mesi, tal volta anni, è stato vissuto come una luna di miele. Con il tempo si è imparato, o lo si sta facendo, che la sostanza è come il peggiore degli usurai, che aiuta nel momento del bisogno, permette di estinguere un debito, per poi chiedere in cambio un conto sempre più salato e inestinguibile. La sostanza infatti è così appetibile perché rappresenta una chiave per superare un empasse, un passepartout che permette di entrare in una dimensione più vivibile e sicura.
Ed è quindi importante iniziare da lì, da quello scenario o situazione relazionale nella quale è sorto il desiderio di utilizzare la droga vissuta come unico strumento disponibile per fronteggiare un bisogno. Quel momento è il momento da cui partire per approfondire la conoscenza di sé, andando a comprendere quelle mancanze, di sicurezza, di autostima, di relazioni che portano all'uso e imparare a mettersi alla prova, conoscendo modalità nuove per fronteggiarle senza adoperare quella soluzione così costosa rappresentata dalla droga. Altre volte l'uso di sostanze ha una funzione diversa, è un potente anestetico che entra in campo per gestire un dolore profondo, sordo che caratterizza la propria quotidianità e che certe volte si fa così forte da diventare ingestibile e da necessitare l'uso. Dietro questo dolore muto sono associate esperienze molto dolorose che possono essere riaffrontate alla presenza rassicurante di uno psicologo per permetterne il superamento. Nel trattamento delle tossicodipendenze può rendersi necessario la collaborazione con uno psichiatra che possa, attraverso un farmaco, aiutare nella gestione dei sintomi dell'astinenza.
A volte infatti più essere utile affidarsi alle cure di uno specialista in quanto a volte l'atteggiamento sociale tende a censurare la libera espressione delle proprie emozioni e pensieri, lasciando la sensazione di essere giudicati con frasi inutili e talvolta controproducenti come “ ma cosa dici – devi superare – da una persona forte come te non mi sarei mai aspettato tutto questo – devi reagire ecc”. Molte volte infatti la persona che vive un lutto complicato vive il profondo conflitto tra la possibilità di attivare le proprie risorse positive, e il bisogno di conservare i sentimenti collegati alla perdita che rappresentano il tentativo di mantenere un legame con la persona amata.
Una psicoterapia competente, che sia ad orientamento psicoanalitico, o integrata con il trattamento EMDR, non cancella i ricordi, gli insegnamenti, le esperienze ed il valore della persona deceduta ma rappresenta un passaggio per aiutare la persona a comprendere le proprie reazioni alla perdita, risolvendo i dubbi e gli interrogativi irrisolti, i sentimenti e lo stress associato alla perdita. Lo scopo è trovare un nuovo equilibrio più funzionale al presente, e che possa mettere a frutto le proprie energie.
Il lutto e il cordoglio associato ad una perdita sono una fase inevitabile di che ha perso un proprio caro, e molte delle reazioni psicologiche, che a volte possono spaventare la persona o che gli sta in torno sono perfettamente normali e si risolvono nel tempo. Altre volte, quando il dolore dopo molti mesi non accenna a passare, e i pensieri intrusivi o i comportamenti di evitamento sono talmente forti da influire sulla vita di tutti i giorni, può essere utile il consulto con uno psicologo per aiutare ad affrontare questo delicato passaggio della propria vita.
La sessualità maschile ha dei punti di contatto, ma anche profonde differenze rispetto a quella femminile, sia a livello psicologico, con diversi significati consapevoli o inconsapevoli attribuiti all'atto sessuale, sia a livello organico, con percorsi di eccitazione diversi, e infine a livello culturale, con un diverso significato attribuito all'esperienza sessuale.
Gli uomini sentono spesso la pressione di dover performare sessualmente al massimo. Se percepiscono di non aver "funzionato" come desiderato, questo può influenzarli profondamente, minando la loro autostima e facendoli sentire meno virili.
Negli ultimi anni, la società è cambiata e con essa l'immagine che gli uomini hanno di sé stessi, rendendola più complessa. La sessualità maschile, come quella femminile, è un insieme delicato di equilibri psicologici, relazionali e sociali. Ridurre tutto a un semplice problema di "pene che non funziona" è limitativo. Spesso, i problemi sessuali sono radicati in affetti inconsci che devono essere riconosciuti e integrati nella propria identità. Questo processo può liberare la sessualità dal peso di conflitti profondi.
Le difficoltà sessuali possono influenzare le diverse fasi del rapporto sessuale: la capacità di sperimentare desiderio, la capacità di eccitarsi e infine quella di raggiungere l'orgasmo. In tutti questi passaggi possono essere presenti motivazioni di origine organica (che è sempre necessario approfondire prima di passare all'ipotesi di cause psicogene). Infatti, condizioni mediche generali, operazioni o particolari classi farmacologiche possono influenzare tutti o solo alcuni aspetti della sessualità.
Il più delle volte, però, la motivazione è di natura psicologica. Infatti, come evidenziato in precedenza, la sessualità è legata alla capacità di godere della relazione con l'altro e può essere negativamente influenzata quando è legata a vissuti di performance o a emozioni complesse come la vergogna e la colpa.
Molte volte, infine, le difficoltà sessuali hanno come motivazione difficoltà relazionali con il proprio partner. La sessualità, infatti, è una delle aree più profondamente influenzate da difficoltà di dialogo con il partner, sia specificamente su tematiche sessuali, a causa di imbarazzo e vergogna, sia più generalmente su aspetti relazionali, come difficoltà di coppia o progetti di vita. Altre volte, la sessualità all'interno di una relazione è influenzata da emozioni negative, come rancore e rabbia, e in generale a causa di conflitti irrisolti che emergono nelle difficoltà sessuali di uno o entrambi i partner. In questi casi, una terapia individuale può aiutare a portare nuove risorse all'interno della relazione per risolvere le difficoltà di coppia; in altri casi, è più indicata una terapia di coppia.
La terapia per le difficoltà sessuali maschili è quindi finalizzata all'analisi di questi aspetti, per far emergere le specifiche difficoltà della persona che richiede aiuto in tal senso. A volte può essere specifica sul sintomo sessuale, altre volte può dare l'avvio a una più profonda analisi di sé, della propria storia e del proprio mondo interno. Infatti, molto spesso, la difficoltà di provare piacere nella relazione con l'altro non influenza solo la vita sessuale, ma in generale il proprio rapporto con l'altro e con se stessi. In tal senso, la terapia psicoanalitica può essere l'inizio di un percorso di crescita personale e di una più profonda autorealizzazione.
La consulenza tecnica d'ufficio nelle separazioni e nell'affidamento dei minori si configura come un delicato processo di esplorazione delle competenze genitoriali, della complessità delle relazioni tra genitori e figli, e della salute psicologica del minore. Tale valutazione mira a determinare l'affidabilità dei genitori, con l'obiettivo di garantire una crescita equilibrata e armoniosa del minore, preservando il suo benessere psicofisico.
Quando il magistrato richiede l'intervento di un esperto per una consulenza tecnica d'ufficio (CTU), le parti coinvolte hanno il diritto di designare consulenti di loro fiducia, noti come CTP (Consulenti Tecnici di Parte). La consulenza di parte si concentra sull'analisi approfondita delle risorse parentali positive del cliente, sia dal punto di vista affettivo che relazionale e materiale. Il CTP può esercitare il diritto di assistere attivamente e partecipare alle operazioni peritali condotte dal CTU, verificando che sia il CTU che il CTP della controparte adottino metodologie e contenuti corretti, basati sugli elementi emersi durante l'indagine e su solide basi scientifiche specialistiche.
L'ansia predominante all'interno di una coppia genitoriale durante una separazione, protagonista di un esame tecnico, è la paura di essere soggetti a un giudizio definitivo riguardante le proprie qualità personali e genitoriali, messo a confronto con quelli dell'altra parte. Questo timore alimenta e riaccende tra i protagonisti una sorta di conflitto in cui si combatte per essere riconosciuti come buoni genitori, buoni padri e buone madri, nonché mariti e mogli. Nel mio percorso professionale come psicologo giuridico, ho osservato raramente situazioni in cui si manifestasse un approccio costruttivo, in cui la consulenza tecnica venisse vissuta come un'opportunità per il dialogo e l'accettazione di una nuova realtà familiare, oltre che per stabilire nuove regole e modalità di relazione con i figli. Di solito, si verifica che, attraverso meccanismi di proiezione, la coppia percepisca il consulente tecnico come un arbitro apparentemente neutrale, il garante del bene supremo rappresentato dai figli, ma inconsciamente come custode delle proprie aspettative di vendetta sull'ex, in una sorta di tribunale psicologico. Per quanto riguarda il Consulente Tecnico di Parte (CTP), ruolo che ho frequentemente ricoperto, l'assistito manifesta chiaramente il desiderio di essere difeso a tutti i costi in questa battaglia. Gli avvocati riferiscono spesso che, durante il primo incontro, ricevono richieste di danneggiare l'altro, di privarlo dei figli e di vendicarsi. Il CTP, dunque, quando si immerge nei vissuti emotivi della parte coinvolta, diventa anche un "contenitore" di tutte le sue esperienze e dei drammi dell'altro. Questa funzione di contenimento dovrebbe permettere all'assistito di rileggere e ridare significato alla propria storia personale e familiare, superando le barriere personali e vedendo nel confronto con l'altro una possibilità di crescita. Molto spesso, una consulenza richiede un lavoro sul "transfert sulla giustizia", ossia sull'aspettativa magica che il consulente possa risolvere tutti i problemi e risarcire dei danni (Cigoli, 1988). Per evitare che ci siano interferenze con il conflitto di coppia, che potrebbe rischiare di schierarsi a favore del bambino "narcisistico" di una delle parti anziché del bambino reale, è essenziale garantire un'assoluta cooperazione e sinergia tra i due sistemi coinvolti, ovvero quello giudiziario e quello psicologico. Quest'ultimo è rappresentato da CTU e CTP delle rispettive parti, e a differenza di quello giuridico, pone come priorità uno spazio in cui si tutela il benessere dei minori coinvolti, favorendo l'ascolto e la collaborazione tra le persone coinvolte.
I consulenti, di fronte a situazioni relazionali caratterizzate da elevato conflitto, spesso coinvolgenti anche minori, dovrebbero evidenziare all'altra parte gli aspetti disfunzionali del proprio comportamento che alimentano il circolo vizioso collusivo, permeato da desideri vendicativi e rabbia. Questi sentimenti costituiscono ostacoli alla possibilità di costruire una relazione sana tra di loro, specialmente in qualità di genitori.
Il ruolo del consulente, sia esso di parte o d'ufficio, si differenzia notevolmente da quello del terapeuta per vari elementi, tra cui il setting che non si limita alla stanza di terapia, ma si svolge in un contesto giuridico imprevedibile e privo di controllo. Questo contesto attiva frequentemente angosce persecutorie e bisogni di difesa e attacco nei partecipanti.
Inoltre, il consulente non si limita all'interazione con il proprio assistito, ma ha l'opportunità di esaminare e confrontarsi con l'alterità, ovvero l'ex partner e i figli, ottenendo così una visione completa e complessa contemporaneamente.
È cruciale sottolineare e far comprendere ad ogni parte il significato attuale del legame con l'ex partner in relazione ai bisogni infantili irrisolti, i quali impediscono a ognuno di lasciar andare o perdonare, intrappolandoli in proiezioni sui desideri che non si realizzeranno mai.
Per acquisire questa consapevolezza, è inevitabile che, soprattutto il consulente di parte, sviluppi una connessione emotiva con l'assistito e la sua storia, al fine di favorire un cambio di prospettiva che, abbandonando l'atteggiamento accusatorio, promuova un recupero di responsabilità nella coppia.
Analogamente al lavoro terapeutico, la consulenza favorisce l'emersione del transfert negativo, portando il cliente a esplorare le proprie parti infantili e assegnando al consulente il compito di rappresentare le parti adulte, connesse alla funzione genitoriale, e di interagire con gli altri consulenti tecnici.
Se i membri di una coppia trovano uno spazio di ascolto attento alle individualità e alle azioni in corso, questo modello attiva in loro una maggiore sensibilità alle esigenze e ai bisogni reali dei propri figli. Ciò consente loro di riconquistare il ruolo genitoriale, ascoltando le necessità e le inclinazioni dei figli senza considerarli mere estensioni di se stessi.
Va da sé che possiamo solo piantare dei semi: se saranno colti, i coniugi potranno comprendere che parte del loro conflitto è sostenuto da elementi personali richiamati da effetti eco o ganci.
Per concludere, mi piace citare l'articolo 147 del codice civile, che riguarda il diritto-dovere dei genitori di educare i figli. Questo articolo esprime chiaramente l'obbligo dei genitori di considerare le capacità, le inclinazioni naturali e le aspirazioni dei figli, dimostrando la necessità di saper ascoltare. Se tale intento viene raggiunto, la consulenza tecnica può trasformarsi in un'opportunità preziosa, non da perdere, per offrire uno spazio trasformativo che prepari il terreno per futuri interventi post-CTU, come sostegno, psicoterapia o altro.